Coronavirus: la psicosi non è maleducazione
- Redazione
- 18 mar 2020
- Tempo di lettura: 2 min
L'emergenza sanitaria in corso mette a dura prova le condizioni di impiegati ed operai. La loro salute è un bene della comunità e perciò non tutto è giustificabile con la psicosi.
Dobbiamo darci un taglio. La popolazione cortonese sta già facendo molto per contrastare la diffusione del virus ed abbiamo dimostrato di saper contrastare efficacemente l'emergenza sanitaria sul piano sociale attraverso la nostra solidarietà, ma questa buona condotta è da mantenere, sempre.
In queste ultime ore è comparsa nelle prime pagine dei maggiori organi di stampa la tematica dei supermetcati e dei relativi provvedimenti per quanto riguarda la riduzione degli orari lavorativi e delle ipotetiche chiusure che seguono, per ora, una politica locale e sotto la giurisdizione delle relative compagnie a capo di ciascun supermercato e delle amministrazioni. Bisogna però considerare che la discussione sul lavoro degli impiegati e degli operai durante l'emergenza sanitaria è iniziata molto prima che l'Esecutivo prendesse provvedimenti, sia nel territorio cortonese che in piccole realtà nel resto della nazione.
Il motivo per cui mi rivolgo ai cortonesi è molto semplice: agli inizi della diffusione, non passò molto tempo prima che in Redazione giungesse qualche notizia riguardo l'assalto di supermercati ed alimentari locali, successivamente abbiamo poi incominciato a prendere sul serio la situazione ed a rimanere in casa il più possibile, limitando i contagi drasticamente. In questi ultimi giorni però arrivano alla Redazione sempre più pezzi di carta che non assomigliano più a notizie locali, ma a veri e propri bollettini di guerra che indicano quante persone hanno rischiato il contagio ed anche per colpa di chi, fenomeni non di chiaro svolgimento, ma di chiara natura. Non tutto è giustificabile con la psicosi, poiché nemmeno essa lo è.
Non so chi sia l'artefice di tali atti di maleducazione civica nei confronti degli impiegati e degli operai, non so se si chiami capitalismo, se si chiami consumismo, se si chiami padrone, se si chiami stato, se si chiami denaro o semplicemente maleducazione, l'unica cosa che posso affermare con la certezza che mi concede il battere energeticamente queste lettere, è che la Redazione non accetta più di ricevere tali notizie da parte di persone che, soltanto adesso, vengono identificate come potenzialmente a rischio sanitario, dato il loro stretto contatto con le persone durante le attività lavorative, e che entrando come semplici impiegati ed operai escono come soldati di una guerra che non puoi combattere in cui il nemico a cui resistere è il cliente. Dobbiamo rispettare le indicazioni che il Governo ci affidato: la distanza di un metro dalle altre persone, l'uscita autocertificata solo per esigenze primarie ed il buon senso attivo in ogni situazione.
Abbiamo dimostrato che i cortonesi possono resistere solidali, non dobbiamo rompere le righe proprio adesso.
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