I disturbi alimentari non sono un romanzo
- Redazione
- 15 mar 2021
- Tempo di lettura: 8 min
Troppo spesso si fa della retorica troppo lampante e per niente pertinente su questo genere di problemi (e che molto spesso non vengono nemmeno considerati dei veri problemi). Questo articolo si propone di porre un fine, perlomeno nelle letture dei lettori, a questa concezione. Non si sta parlando di romanzi, si sta parlando di malattie. Questo è ciò che Angelica ci racconta nelle nostre pagine.
Di cosa stiamo parlando?
I DCA o disturbi del comportamento alimentare sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile.
I principali disturbi dell’alimentazione sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED). I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica. Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione. Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.
Spesso il disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità. Possono essere presenti comportamenti autoaggressivi.
Questo tipo di disturbi occupano uno spazio molto particolare nell’ambito della psichiatria, poiché oltre a “colpire” la mente e quindi a provocare un’intensa sofferenza psichica, essi coinvolgono anche il corpo con delle complicanze fisiche talvolta molto gravi.
Le conseguenze di un disturbo alimentare, essendo una malattia psico-fisica, possono essere gravissime se non si limitano e fermano in tempo?.
Il principale sintomo è, in coloro che iniziano a sviluppare un sottopeso, la perdita del ciclo mestruale, che, se protratta nel tempo può portare a soffrire di osteopenia ed osteoporosi e, nei casi peggiori, di infertilità.
Quando si comincia una restrizione calorica il corpo inizia a sviluppare dei meccanismi di difesa, infatti per poter funzionare a dovere ha bisogno di circa 2000-2500 kcal [1] e se gliene vengono date molte meno di quelle di cui ha bisogno, inizierà a prendere l’energia accumulatasi nei nostri muscoli e nelle riserve di grasso [2]. Quando il nostro organismo non avrà più nemmeno la possibilità di prendere energie da queste zone, inizierà a compiere nuovi escamotage per potersi mantenere in vita: il ciclo nelle ragazze si bloccherà, i capelli e le unghie saranno più rovinate, la pelle secca, perché i nutrienti non arriveranno più, dato che il corpo li starà utilizzando tutti per gli organi principali.
Quando poi non avrà più altro appiglio per mantenersi in vita attaccherà gli organi interni, mettendo in moto un meccanismo di autodistruzione.
Le conseguenze più evidenti nell’aspetto fisico sono sicuramente la forte magrezza, stanchezza, che è uno dei sintomi principali, pelle secca, occhiaie, mani e piedi cianotici, freddo persistente, anche in momenti dove la temperatura esterna è più elevata, pelle gialla, bradicardia ed ipotensione.
Molte di queste caratteristiche le possiamo trovare principalmente nei soggetti che soffrono di anoressia nervosa e bulimia nervosa ma anche in soggetti che soffrono di binge eating e sono in sovrappeso.
Dal punto di vista psicologico la maggior parte delle persone con disturbi dell’alimentazione ha bassa autostima, ansia, sintomi ossessivi, frequenti pensieri di autocritica, irritabilità, sbalzi d’umore e depressione.
Quando è presente una severa perdita di peso, di solito avviene un completo isolamento sociale. Nelle fasi iniziali del disturbo è comune un eccessivo impegno in tutte le attività svolte, ma anche se i risultati sono ottimi, raramente sono soddisfatte dalle loro prestazioni. Con il progredire del disturbo, soprattutto se vi è una grave perdita di peso, è comune la difficoltà di concentrazione, di attenzione e di comprensione verso se stessi e gli atri (spesso infatti chi ha una DCA ha molta difficoltà a vedere le cose realmente, sia per il proprio corpo sia per ciò che li circonda e il cibo).
A volte l’eccessiva frequenza di abbuffate, di vomito o di sport eccessivo impediscono lo svolgimento di qualsiasi altra attività.
Una caratteristica importante sta anche nell’iperattività: molto spesso chi soffre di anoressia non è in grado di stare seduto per più di un lasso di tempo ed ha un costante bisogno di compiere un adeguato numero di passi, attività fisica, dettati dalla malattia.
In Italia si stima che siano più di 3 milioni le persone affette da disturbi dell'alimentazione di cui il 95,9% sono donne e il 4,1% uomini. Il dato è stato presentato al Ministero della Sanità in occasione della Terza Giornata sulla Salute delle Donne.
La maggiore vulnerabilità osservata nel sesso femminile in età adolescenziale o giovane adulta sembra indicare che questi disturbi sono associati a difficoltà nelle fasi di passaggio dall'infanzia alla vita adulta, scatenate dai cambiamenti fisici e ormonali che caratterizzano la pubertà.
Le ricerche epidemiologiche ci dicono però che, dal punto di vista demografico, questi disturbi sono in aumento anche nella popolazione maschile. L'incidenza dell'anoressia nervosa è di almeno 8 nuovi casi per 100 mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi.
Ricordiamo che, tra i giovani, i DCA sono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.
[1] Attenzione questo dato è indicativo e non va preso in alcun modo come riferimento, se volete sapere il vostro fabbisogno calorico giornaliero, affidatevi ad un nutrizionista!
[2] Attenzione anche qui per le ragazze: un corpo femminile deve essere formato dal 22-25% da grasso corporeo, che è fondamentale per il normale funzionamento dell’apparato riproduttivo e di tutto il corpo.
Mi chiamo Angelica
Mi chiamo Angelica, ho 16 anni, ed ho l’Anoressia.
Si, ho l’Anoressia, non sono anoressica.
Non è facile riuscire a raccontare la mia storia a tutti voi e farvi conoscere la parte di me che ho sempre nascosto a tutti.
Non so ancora raccontare come mi sono ammalata, sicuramente l’insicurezza ed il continuo senso di inadeguatezza e di vuoto sono stati fondamentali per la crescita in me della malattia. Si perché la malattia non cade dal cielo ma cresce in te pian piano.
Posso raccontarvi però di quando il mio DCA è uscito allo scoperto: il 23 Ottobre del 2020, quando ho iniziato un percorso in un centro DCA. Con l’inizio di questo percorso mi è stata sbattuta una realtà in faccia e la mia malattia ha avuto un nome.
Nella mia storia si chiama Tarlo, lo so non è così originale ma rispecchia bene il concetto.
Tarlo ha sentito la sua zona di comfort attaccata ed ha deciso di iniziare subito a stringere i denti: la mia mente è stata inondata da pensieri malati ed ossessivi riguardo il mio corpo, la mia persona ed il cibo.
Ogni giorno dovevo fare un numero adeguato di attività fisica e dovevo stare attenta a non assumere determinati alimenti che non fossero da me reputati “spazzatura”.
Il peso ha iniziato a scendere pian piano ed io stavo sempre peggio mentalmente. I pensieri riguardo il cibo erano ossessivi e costanti, per mesi non ho visto altro se non il continuo bisogno di vedere l’ago della bilancia scendere, senza rendermi conto che il numero della bilancia non conta nulla, conta la salute, mentale e fisica.
La fame spesso è stata dilaniante, tante volte mi è capitato di non riuscire a dormire da quanta fame avessi o di non riuscire a seguire delle ore di lezione in presenza perché troppo affamata e troppo invasa dal senso di colpa per essere costretta a non potermi muovere. L’iperattività ha raggiunto livelli assurdi, sono arrivata ad allenarmi di nascosto, a fare addominale mentre ero a letto o mentre ero chiusa in camera mia, a camminare in giro per casa senza una meta ma con il solo scopo di bruciare kcal. Ho iniziato a dire bugie ai miei genitori: «certo mamma, ho mangiato la dose di pane» oppure «Sì, non ti preoccupare lo spuntino lo faccio» oppure ancora «Sì sì, sto bene».
Ma io non stavo bene ed ogni settimana, ogni venerdì al centro era sempre peggio. La malattia aveva preso il completo potere su di me ed io non ero più in grado di capire, capire che mi stavo uccidendo. Non volevo ascoltare i medici, avevo paura che , prendendo anche solo un etto sarei stata abbandonata, non sarei stata abbastanza malata e quindi facevo tutto il contrario di quello che mi dicevano, senza rendermi conto invece che loro, quei medici, non mi avrebbero abbandonata nel momento in cui avessi deciso di spiccare il volo ma mi avrebbero aiutata a non cadere nuovamente, a mantenermi stabile e pian piano a riprendere le forze e la vita.
Con il peso a calare è calato anche tanto il mio umore e le mie forze, fino al punto in cui mi sono ritrovata a fare una scelta importante: la malattia o la vita.
Inutile dire che Tarlo ha scavato ancora di più ed ha scelto la via sbagliata. In due settimane ho perso tanto peso ma ancora alla mia testa non bastava. Non mi sentivo ancora abbastanza malata, sentivo di dover dimostrare agli altri quanto fosse grande il mio dolore e pensavo che solo attraverso un corpo ossuto, fragile e malato avrebbero capito, ma non è così.
Qualcosa poi una sera, parlando con mia mamma, è scattato in me: la voglia di riprendere in mano le cose, il bisogno di vita e di felicità, di rivedere quello che stava accadendo intorno a me e pian piano di guardare avanti, si sono fatti strada e sono diventati più concreti. Ho capito che io il fondo lo avevo già toccato quando ho pensato di non essere abbastanza malata, quando ho creduto che sarei stata aiutata solo se in grave sottopeso ma non è così. Bisogna capire che si può soffrire di anoressia o di un DCA anche in normo peso, conta la testa, contano i pensieri, conta principalmente la salute mentale, il sottopeso o il sovrappeso sono una conseguenza di un problema.
Da lì ho capito che non ne valeva più la pena ed ho spiccato il volo.
Ora sono qui, a pochissimi giorni da quella sera, in bilico ancora sul filo della malattia, al momento più difficile: mantenersi in volo. Ho tanta strada da fare e non mi reputo in alcun modo guarita, anzi. I pensieri sono ancora fortissimi, non posso e non voglio in alcun modo guardarmi allo specchio, sono spaventata dal poter perdere l’equilibrio, dal non poter avere le forze sia fisiche che mentali ma ho la certezza che posso contare sulla mia famiglia e sui miei amici più cari ma soprattutto sulla mia volontà ed i medici che mi stanno aiutando.
Ogni giorno, ogni pasto mi ripeto che ne vale la pena, che sono sulla strada giusta e che devo rimanere concentrata e guardare solo me stessa, senza però lasciare quello che mi sono fatta: guardo il passato, non lo lascio andare per imparare da lui e per cercare di non ricadere. Guardo al futuro ma non troppo lontano per non perdere di vista il presente. Provo a ricominciare piano piano a vivere.
Care farfalle rialzatevi
Care piccole e fragili farfalle,
lottate e non smettete mai di farlo.
Riprendetevi ciò che è vostro perché ne avete il diritto ed il dovere.
C’è un mondo fuori tutto da scoprire e lo so che vi fa paura, lo so, anche io ho tanta paura, ma le cose belle stanno dall’altra parte di essa.
Affrontate uno scalino alla volta e la salita sarà meno faticosa, ma non mollate mai.
Cascate sì, ma da lì poi trovate il coraggio di rialzarvi.
So che la malattia vi fa sentire forti, lo so ma non è vero. Non ne vale la pena di stare male, di vedere le ossa bucare la pelle, di non avere energia per respirare.
Non ne vale la pena.
Chiedete aiuto ed affidatevi ai vostri medici. Lo so, non è facile dare fiducia, abbandonare il controllo, ma è la cosa giusta da fare.
Abbiate fiducia in voi stesse.
Siate coraggiose per voi stesse .
Non permettete a nessun altro di dirvi che non siete abbastanza. Perché lo siete.
Non abbiate paura di occupare troppo spazio perché non sarà così.
Reagite.
Uscite dalla zona di comfort.
Amatevi ed amate la vita.
E ricordate che non siete sole perché è proprio quando pensate di esserlo che non lo siete.
Spiccate il volo!
Di Angelica Del Toro
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