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L'amore ai tempi del Covid-19

Ecco un racconto breve, ideato dal nostro direttore, simpaticamente ispirato al celebre romanzo di Gabriel García Márquez. La storia d'amore tra un giovane di Castiglion Fiorentino ed una ragazza di Cortona, con, sullo sfondo, l'epidemia che in questi giorni ha colpito e sta colpendo l'Italia.


Nota del direttore

Il racconto è puramente inventato e, aspetto fondamentale, è assolutamente vietato ripercorrere tutte le azioni compiute da Luca, il nostro protagonista, che violino la legge. Un mio pensiero va, infatti, a tutti i giovani innamorati che sentono l'amore nel modo più distinto ed incisivo: rimanete a casa, leggete storie come queste e chiamatevi per telefono. Anche in questo modo si mostra amore.



Mi immagino due giovani. Un ragazzo ed una ragazza: lui, di Castiglion Fiorentino, di sedici anni e lei di Cortona, di sedici anni e mezzo. Si amano, moltissimo. Lui si chiama Luca, ed è uno studente liceale di Cortona, molto attivo ed abbastanza diligente da potersi permettere una vita spensierata, all'infuori di quelli che sono i crucci ordinari affibbiati ad un normale studente del liceo dagli stereotipi, o dalla vita stessa. Lei si chiama Gloria ed è anche lei studentessa nello stesso istituto e nella stessa classe di Luca. Lei è però molto più laboriosa dal punto di vista scolastico e non perde occasione per prendere in giro Luca, il quale non perde occasione per ricordarle che lei porta gli occhiali. «Che importa se ho gli occhiali?» è la risposta che da ad ogni provocazione di Luca. «Importa, perché se te li tolgo tu non vedi più nulla!» e finisce con il prenderle quella sottile struttura metallica color antracite (su questo Gloria non voleva sentire storie: non era nero, non era grigio, era antracite) con uno scatto agile e repentino, che costringeva Gloria all'inseguimento.


Erano momenti come quello che esprimevano la massima rappresentazione di un amore nato bambino, all'età di tredici anni, e rimasto tale: la leggerezza di un momento che solo la fusione tra uno spirito completamente disinteressato degli ostacoli della vita ed uno completamente disinteressato dei piaceri di essa, poteva rendere in maniera così tenera. Due anime in una cosa sola e, qualsiasi cosa fosse, era, per giunta, troppo piccola per fare in modo che non si azzuffassero.


Anche loro hanno vissuto il periodo della pandemia che ha colpito tutto il mondo agli inizi degli anni venti del secolo in corso: una piccola realtà all'interno dell'immenso meccanismo quale è il mondo. Nei loro modi e nei loro termini, anche loro hanno avuto il loro dramma. Il primo ad essere informato della chiusura delle scuole fu proprio Luca, che per tutta la serata del 4 marzo era rimasto attaccato alla televisione, leggendo avidamente qualsiasi titolo in evidenza gli mettesse sotto gli occhi il telegiornale ed esaminando, scomponendo e ricomponendo qualsiasi parola dicesse il Presidente del Consiglio dall'altra parte dello schermo ed infatti riuscì a portare a termine il suo compito di giovane giornalista, con tanto di onori finali da parte dei compagni di classe. Quella sera però i messaggi non erano tutti frasi di scherzo o deliranti congetture sull'andamento dell'epidemia: «Adesso come facciamo?» costituiva l'amorosa eccezione.

Gloria era preoccupata. Aveva paura e le serviva conforto: la loro non era una generazione abituata ai grandi eventi, perché i grandi eventi c'erano già stati e loro ne apprendevano serenamente le conseguenze, i risultati e gli errori. La loro era una generazione che poteva prendere questa situazione con la leggerezza di un evento benevolo che evitava loro una settimana di verifiche contigue ed abbastanza difficili, o con la domanda che Gloria si era posta, una domanda che con poche parole fa risuonare delle preoccupazioni agli inizi dei periodi difficili e costituisce, allo stesso tempo, un dilemma di incommensurabile grandezza: non vi è risposta, se non aspettare.

«Non sei contenta? - scriveva Luca in un primo messaggio, per poi proseguire con un secondo - Adesso rimarremo a casa e salteremo tutte le verifiche di questa settimana!». Luca scriveva con la trepidazione di un ragazzino e continuava ad elencarle motivi su motivi per cui bisognasse essere felici di quel momento, interpretando il messaggio di Gloria come qualcosa di non proprio chiaro, come se si riferisse a qualcos'altro, come se non sapesse della notizia.

Anche Gloria era davanti alla televisione quella sera ed il primo pensiero che la sua mente sagace e giudiziosa aveva concepito era rivolto a Luca: come avrebbero fatto a vedersi? Come potevano rimanere lontani l'uno dall'altra per un tempo indeterminato? Se ci fosse stata la quarantena come negli altri paesi? Anzi, già si vociferava che non fosse consentito nemmeno il transito da un comune all'altro.


«Come faremo ad incontrarci?» chiese con un messaggio un po' secco, interrompendo l'entusiasmo che Luca dimostrava nella sua arringa di difesa nei confronti di quel decreto.

«Non ti preoccupare così, ci incontreremo ancora! Non siamo in arresto».

«Si, ma hanno consigliato di non uscire ed adesso vedo che stanno parlando di videolezioni, qui la situazione è seria, non ci potremo incontrare più molto presto e per molto tempo».

Adesso era Gloria ad aver assunto una trepidazione, ma non entusiasta, ma drammatica che a Luca sembrava quasi catastrofica ed, infatti, si vide costretto ad interromperla: «Ti amo».

Gloria si calmò immediatamente. Alcune volte la semplicità e la decisione, seppur scritte su uno schermo, delle parole di Luca le sembravano estremamente affettuose e genuine da calmarla immediatamente. Lo erano.

«Ti amo anch'io». Per quella sera era tutto.


Trascorsero due giorni ed anche Luca iniziò a rendersi conto della gravità della situazione. Le notizie nelle prime pagine dei giornali, i comunicati del comune, gli ammonimenti della provincia lo spaventavano ogni ora di più. Non era una paura data dalla gravità della situazione che il mondo intero come quella piccola realtà si accingeva ad affrontare, ma era la paura di non essersi reso conto di un cambiamento che andava ben oltre il piccolo, toccando l'epocale. Questa paura aveva, ovviamente, delle ripercussioni sul timore del futuro. Come facciamo adesso?

Gloria allo stesso modo confermava i suoi sospetti sulla situazione: la quarantena non si fece attendere, volontaria o costretta che fosse. Lei però non voleva confermarli, lei voleva seguire la linea di Luca: non siamo in arresto, sicuramente ci si potrà ancora incontrare, si potrà ancora uscire, con le dovute limitazioni, con i giusti accorgimenti, con le corrette misure, potremo ancora incontrarci. Queste convinzioni non potevano che trovare rifugio nell'ansia, non trovando supporto nelle continue voci piatte e vuote che annunciavano gli infetti, i provvedimenti, gli incidenti, gli arresti e, talvolta, anche i morti.

«Luca, ho paura» fu il primo messaggio che Gloria inviò quella mattina al cellulare di Luca.

«Anch'io» fu la risposta di Luca. Senza un ti amo, senza un amore. Ma in quel messaggio, nel loro linguaggio del non detto, fatto di comprensione reciproca che sfiorava i livelli della telepatia, il silenzio dopo anch'io significava mi dispiace. Luca era una persona molto orgogliosa, alla quale difficilmente riuscivi a tirar fuori un mi dispiace o un qualsiasi tipo di scuse, ma questo non impedì a Gloria di leggere tra l'apostrofo ed il pronome personale un perdonami, ho sottovalutato il problema.


Passarono altri tre giorni. Gloria aveva passato tre giorni interi al telefono con Luca, parlando del più e del meno e scambiandosi i soliti saluti d'amore. Parlavano anche dell'epidemia e, siccome anche Luca aveva capito a pieno il significato di quelle misure e di quelle notizie, tutti e due si trovavano preoccupati ed amareggiati dalla consapevolezza di un qualche divieto restrittivo prossimo alla popolazione, era inevitabile. Gloria non riusciva a dimostrare la solita tranquillità che l'informazione le donava, ma non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero del non poter rivedere il suo Luca per un tempo indeterminato che, anche se fosse stato determinato, sarebbe stato troppo lungo. Lei lo voleva rivedere. Iniziò a mandargli dei messaggi, per parlare, per cercare una consolazione in quell'atteggiamento che gli piaceva tanto, che in fondo serviva anche a lei. Che, in fondo, amava. Luca aveva tentato più volte di raggiungere Gloria, ma gli impedimenti arrivavano da ogni parte: dai genitori, giustamente preoccupati per la salute del figlio, dai compagni di scuola, che si chiamavano tra di loro per raccontarsi a vicenda la loro esperienza nella quarantena, raccomandandosi con aria perentoria di rimanere in casa, dai social, dove già si riuscivano a trovare campagne come la iorestoacasa ed altre simili, che più che rassicurare Luca, non facevano altro che fargli pensare sempre più modi per violare quelle regole, per poter tornare da Gloria. Sapeva che non era possibile, ma doveva.

Di nascosto, la sera tardi, aprì il garage e prese il casco insieme le chiavi del motorino; tentava di fare il meno rumore possibile mentre azzardava quella che sembrava una missione complicata, difficile, alla quale poteva conseguire la vittoria o la condanna in caso di fallimento, in caso di saltata copertura. Non riuscì però a fare poco rumore mentre accendeva il motorino, un gioiellino acquistato da poco, un modello come di quelli che in zona si aggirano a flotte, un enduro. I genitori capirono subito l'origine del rumore e subito si recarono nel garage, il padre più velocemente della madre, a tentar di fermare quella mossa scellerata, poiché ad un'ora tarda della sera e con una persona come Luca nel mezzo della situazione, le intenzioni non potevano che sembrare scellerate. Al contrario, le intenzioni erano oneste, il modo di agire era amorosamente scellerato.


Luca uscì dal garage girando la manopola nel modo più veloce che il polso gli consentì di fare. Quasi impennò. In quel momento non poteva trattenerlo nessuno e nemmeno il buonsenso imposto da tali circostanze. L'amore non ha buonsenso.

Suo padre non perse tempo e, dopo aver cercato goffamente le chiavi della macchina (in preda ad un misto tra la collera e la preoccupazione paterna, come in tutti i padri che affrontano le follie dei figli) partì anche lui mentre la madre, rimasta davanti la porta di casa, provava inutilmente di contattare via telefono il figlio, che stava ormai arrivando a Montecchio Vesponi. Luca procedeva a velocità sostenuta ed effettuava manovre e deviazioni con massima rapidità: era spinto dalla voglia di rivedere Gloria e dalla paura verso quella nuova situazione e queste due paure costituivano un carburante migliore di quello che ribolliva nel suo serbatoio e che dava voce a quel rombo vagante per la Regionale 71. Il padre subito riuscì a raggiungerlo, ma non riusciva a trovare un modo per fermarlo. Inoltre, c'era un principio di curiosità verso quella mossa così estrema del figlio che lo convinse a tenere un ritmo di marcia elevato, ma non abbastanza da incutere timore al figlio fuggitivo. Forse Luca nemmeno lo vedeva.


Riuscì ad arrivare a Camucia in quindici minuti. Risalì Via Italo Scotoni per arrivare prima in cima alla collina che nascondeva la sua amata. Per poco non decollava da terra arrivato all'incrocio con la Provinciale 34. Per fortuna la casa era abbastanza vicina.


Fermò il motorino in maniera abbastanza sgarbata e repentina e subito si diresse al portone della casa di Gloria. Lei era preoccupata per via delle mancate risposte ai messaggi e tentava di chiamare Luca al telefono, ma senza successo.

Suonò il campanello, Gloria, quasi come se sapesse che lì fuori c'era Luca, si alzò di scatto per andare ad aprire l'ingresso.


Aperta la porta, i due giovani si guardarono negli occhi. «Cosa ci fai qui...» provò a dire Gloria, che fu subito interrotta dal bacio che Luca aveva riservato per lei in quei giorni: qualcosa di importante, insomma.

In sottofondo c'era il rumore dell'auto del padre di Luca che parcheggiava ed il rumore della televisione, in diretta da Palazzo Chigi: «Siamo ben consapevoli di quanto sia difficile cambiare le nostre abitudini, capisco le famiglie ed i giovani. Queste abitudini con il tempo potranno essere adattate alle nuove esigenze, ma, purtroppo, tempo non ce n'è. Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa, per il bene dell'Italia».


E.B.

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LA VOCE CORTONESE

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Crediti per la musica del podcast:

The Travelling Symphony by Savfk | https://www.youtube.com/savfkmusic
Music promoted by https://www.free-stock-music.com
Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

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