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La Liberazione a Cortona: il racconto di settantacinque anni fa

Compiuto l'addestramento, l'ultimo scaglione paracadutista partì il 12 Gennaio e vennero gli avieri, i quali partiti il 28, dettero posto agli autisti tedeschi con alcuni prigionieri russi; pochi in verità, ma correva qui la voce che dovevano venire altri molti militari tedeschi.


Una mattina infatti, il 29 Gennaio 1944, arrivò uno scaglione di militari: erano italiani. Stranezza del caso, erano prigionieri italiani, in Italia, che presi dai campi di concentramento dopo l'otto settembre 1943, formarono i battaglioni rifornimento. Anch'essi occuparono i locali della fattoria Bonifiche Ferraresi, lasciati liberi dai tedeschi. La mattina dopo venivano portati a caricare e scaricare benzina, munizioni alla stazione di Castiglion Fiorentino, Arezzo, San Giovanni, Montevarchi ecc...

Ci fu subito un fraterno affiatamento e la canonica diventò la loro sala di lettura; la maggior parte della posta veniva indirizzata presso il Parroco, (così potevano averla più celermente), il quale poi faceva il distributore, il postino. Ebbi occasione di conoscere diversi soldati, molti in verità vere anime buone; gli ufficiali in genere, eccetto qualcuno, erano migliori dei soldati. Erano tutti Mantovani, Bresciani, molti appartenenti alle Associazioni Cattoliche, in genere agli "Oratori Festivi". Ho fatto sempre quello che ho potuto e sempre volentieri, e modestia a parte, molti parroci e alcuni genitori di questi soldati mi hanno scritto ringraziandomi. Il Battaglione Rifornimenti era comandato da ufficiali italiani. Il capitano Riccio, molto buono, di comandante aveva soltanto il nome; chi comandava in realtà era il tenente Saggio, molto temuto e odiato dai soldati, vera tempra di repubblicano sfegatato. Però tutte le domeniche venivano inquadrati alla Messa, in capo gli ufficiali. Ricordo il particolare che il tenente Saggio, ascoltava la Messa cantata del Corpus Domini, ne rimase entusiasta, tantoché la rivolle la domenica appresso per i soldati, mandando in dono cinquecento lire.


Il capitano Dur, tedesco, comandante di tutta la piazza, come diceva lui, nei suoi proclami, non era duro come tutti i tedeschi o come suonerebbe all'orecchio il nome; a lui bastava mangiar bene e tutto andava bene. Egli risiedeva in fattoria; però, avendo molta paura degli aeroplani che cominciavano a farsi vedere tre o quattro volte al giorno, ci stava poco. Fin dal 17 gennaio, giorno in cui caddero le bombe alla Chianina, non si ebbe più pace, e a causa di tutti i militari che vi erano, bombardamenti aumentò quando i camion si fermarono lungo il rondò, nel piazzale della fattoria, sotto la chiesa, sotto le finestre della canonica e perfino alla porta di casa. La popolazione aveva smesso anche di venire alla Messa, dopo che le mie rimostranze presso il Comando tedesco non riuscirono a fare spostare i carri armati che erano alle porte laterali della Chiesa.

[...]


I cinque contadini trucidati


Nessuno credeva la liberazione così vicina e quindi come al solito andai a riposare; ma non faccio a tempo neppure a prendere sonno che una terribile cannonata caduta pochi metri dietro il pozzo della canonica, mi fa capire che qualcosa di nuovo succedeva. Alzatomi in fretta ed in furia, aprii la finestra, e subito un'altra cannonata cadde nelle case vicine, sfondò un tetto, ferì leggermente la bambina Isolani Vanda e coprì di macerie la sorellina Dina. Poi un'altra, un'altra ancora e non si contavano più. Il cannoneggiamento si fece indiavolato. Fuggimmo tutti di casa ed andammo ai rifugi, dove stemmo fino verso le ore tre del successivo 3 luglio. Alle batterie inglesi risposero le tedesche e si ebbe così un duello di artiglierie di varie ore. Lungo in verità, e tale da mettere spavento. Per andare al rifugio, dovei più volte gettarmi a terra, correndo il rischio di essere colpito da un momento all'altro.


Circa le venti, quando una cannonata ci cadde a pochi metri dal rifugio, tanto che il puzzo della polvere arrivò a noi; uscimmo per vedere cosa era successo, e vedemmo le case di Domini Egidio, Roggi Gaudenzio e Roggi Dante in un vortice di fuoco. Non avendo noi saputo che ivi era stato ucciso un tedesco ed un altro ferito, si pensò che causa del disastro fosse stato qualche proiettile incendiario, mentre l'incendio fu causato dai tedeschi che dopo avere ucciso tutto il bestiame (31 capi), si dettero alla caccia dell'uomo. Furono presi per la strada: Castellani Sestilio, che tornava a casa da mietere dal suo padrone Giovanni Fernando, Roggi Primo col figlio Vasco (che poi fu risparmiato) mentre andava a prendere il pane al rifugio Giovanni Duilio, Roggi Osvaldo e Faltoni Severo, tutti e cinque barbaramente trucidati nelle vicinanze del colono Pucci Amedeo. Circa le due del lunedì 3 luglio, il cannoneggiamento che aveva avuto qualche intervallo, riprese il violento per poi cessare dopo una mezz'ora circa. Nessuno sapeva che i tedeschi erano già fuggiti dal caseggiato, tanto più che non si videro ritornare alcuni azzardosi che vollero andare a vedere quello che succedeva alle proprie case. Si seppe dopo che una pattuglia di soldati tedeschi ne aveva arrestati sette e chiusi nella casa di Tiezzi Luigi, riserbando loro non so quale sorte. Sotto gli ulivi dello stradone, c'era piazzata una mitragliatrice.


Essendo fatto quasi giorno, ed essendovi un silenzio di tomba, uscimmo dal rifugio; stemmo un po' perplessi, mai poi prendemmo la via di casa. I tedeschi non c'erano più. Trovammo tutto chiuso come avevamo lasciato al sera avanti, e la contentezza di trovarci tutti fu inenarrabile.


Don Anselmo Zappalorti


Il brano è tratto dal libro de Il nonno racconta, che a sua volta attinge, per gli estratti, dal libro a cura di Pietro Pancrazi La Piccola Patria.

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LA VOCE CORTONESE

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Crediti per la musica del podcast:

The Travelling Symphony by Savfk | https://www.youtube.com/savfkmusic
Music promoted by https://www.free-stock-music.com
Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

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