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La Parola della settimana: "pagliacci"

Esce la nuova rubrica su La Voce Cortonese, intitolata La Parola della settimana, diretta da Filippo Trenna ed Edoardo Bettacchioli.



La parola della settimana:

Pagliacci

Burlandòtto m.s. Mascàra, Màscra f.s. (maschera)


Vestiti di sacco e con la faccia infarinata, provengono molto probabilmente dalle rappresentazioni del diavolo negli spettacoli sacri medievali. Oggi la parola “clown” è sinonimo di macabra gioia, sebbene il suo significato originario fosse quello di persona rustica, buffone, il “Zanni” dei circhi. L’etimologia di “pagliaccio”, da “paglia”, è chiara: uomo di paglia, uomo senza carattere, senza anima poco spregevole e ridicolo agli occhi della gente. Crediamo che l’uso di questa parola in questo senso sia relativamente recente; figlia del pensiero di fine Ottocento e allevato da numerose opere artistiche come il Pierrot di Picasso o il Gilles di Watteau. Intorno al Seicento, invece, in tutta Italia si diceva “Zanni”, tanto nel senso proprio come in quello figurato.

Insomma, sono figure comiche capaci di far ridere chiunque, grandi e piccoli. Appaiono, agli occhi di tutti, come personaggi simpatici e spensierati; ma sono persone anche loro, con i loro problemi e le preoccupazioni. Sul palco è presente soltanto la versione falsa del loro animo: sono fatti per far ridere, e i loro problemi, davanti a tutti, non sono ammissibili. E una volta tornati a casa, lontani dai riflettori e da innumerevoli occhi puntati addosso, anche i pagliacci tornano ad essere uomini. Tornano ad essere come noi. In fondo, siamo tutti pagliacci: non mettiamo mai in mostra i problemi e le insicurezze, fingendoci agli occhi degli altri come non siamo.




Titoli di coda


Titoli di coda

finita la mia commedia

un’immensa risata

e si conclude la scena.

Strano, non è vero?

Farvi divertire, ma dentro morire.


Titoli di coda,

e quel trucco svanisce

niente più battute,

solo parole mosce.

Ecco che si ritorna alla vita,

quella vita di ogni giorno, che non vuoi.


E alla fine il circo è solo un’illusione,

dove le risate ti nascondono.

Ti ritrovi a far divertir la gente, ma della tua tristezza a loro non importa niente.


Titoli di coda

e solo sto dentro casa,

un punto nell’immenso

afflitto dalla realtà.

Ecco che mi rifugio nel falso,

per schivare questa vita, che vita non è…


E alla fine il circo è solo un’illusione,

dove le risate ti nascondono.

Ti ritrovi a far divertir la gente,

ma della tua tristezza a loro non importa niente.


E la vita, in fondo, è solo un’illusione,

si scurisce piano piano pure lei.

Ed arrivan finalmente i titoli di coda…


Di Edoardo Bettacchioli

I saltimbanchi (1905) - Pablo Picasso

Questo dipinto appartiene e caratterizza il periodo rosa di Picasso, tant’è che si fa spesso riferimento al periodo rosa come al “periodo del circo”.

I protagonisti sono una serie di acrobati e saltimbanchi facenti parte di un circo itinerante in un luogo desertico.

Tutti i personaggi sono differenti, e nonostante siano riprodotti come un gruppo, tutti sembrano sconnesso tra loro e completamente isolati; ciò si può notare dai loro sguardi e gesti, che li portano a isolarsi reciprocamente. L’ambiente che circonda questo gruppo di saltimbanchi è completamente desertico e privo di caratteristiche.


Fonte: Arte e Dossier (2014), Philipe Daverio


La preghiera del clown - Totò


Nel film del 1953 Il più comico spettacolo del mondo, diretto da Mario Mattoli e che vede come attore protagonista Totò, è presente un monologo recitato da quest’ultimo, sotto forma di preghiera a Dio. Il tema principale è il contrasto tra la vita del pagliaccio sul palco, e la vita di tutti i giorni: colui che prega è, infatti, un clown di basse condizioni sociali, che trascorre una vita nella depressione e nella miseria.

Noi ti ringraziamo, nostro buon Protettore, per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa’ che sulla nostra mensa non venga mai a mancare pane ed applausi. Noi ti chiediamo protezione, ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesse accaderci, fa’ che avvenga dopo lo spettacolo e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini. Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici, tu che sei la vera, l’unica rete dei nostri pericolosi esercizi, fa’ che in nessun momento della nostra vita venga mai a mancarci una tenda, una pista e un riflettore. Guardaci dalle unghie delle nostre donne, ché da quelle delle tigri ci guardiamo noi. Dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono, ma non importa; io li perdono. Un pò perché essi non sanno, un pò per amor Tuo, e un pò perché hanno pagato il biglietto. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità; noi dobbiamo soffrire per divertirla. Manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me, come io faccio ridere gli altri.


A cura di: Filippo Trenna e Edoardo Bettacchioli


8 Comments


la prima parola della settimana che emozione😀 (i muppet studios Gary che emozione)😁


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trennaluca
trennaluca
May 03, 2021

Mi ricordano i miei amici al circo

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i miei 90 anni di vita non superano la bellezza di questo giornale be la vecchiaia è una brutta compagna

Quinto Cecilio

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con i miei 39 anni di esperienza su questo campo e i 75 anni di eta reputo questo giornale MOLTO INTERESSANTE

Arcibaldo

grazie

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arcibaldo

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LA VOCE CORTONESE

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Crediti per la musica del podcast:

The Travelling Symphony by Savfk | https://www.youtube.com/savfkmusic
Music promoted by https://www.free-stock-music.com
Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

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