La parola della settimana: "saudade"
- Redazione
- 29 mar 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Vi è mai capitato di provare un sentimento misto tra le lacrime e il sorriso d’accettazione; un malinconico desiderio verso qualcuno o qualcosa che ora non c’è più? In quest’articolo trattiamo di una parola portoghese intraducibile: di quella nostalgia struggente, intrisa di tristezza e di dolcezza, che in Portogallo e in Brasile chiamano saudade.
La parola della settimana:
Saudade
Pucundrìa (dialetto napoletano)
Quando tutto finisce
Quando tutto finisce
vorresti scomparire,
andare così lontano
da non poter più tornare.
L’aria non è più adatta
al tuo respiro ansimante
perché del mondo che avevi,
non ti è rimasto più niente.
Quando tutto finisce
non sai dove rifugiarti,
non ti conforti da solo
perché era lei a confortarti.
Non troverai più riparo
nelle ore pigre ed oscure,
in cerca della ragione
per cui tutto debba finire.
Quando tutto finisce
ti senti un vuoto nel cuore
privato di ogni certezza,
di forze per ricominciare.
Le lacrime, come di vetro,
percorrono il tuo volto scavato;
vorresti tornare indietro,
ma ormai tutto è finito.
Edoardo Bettacchioli
Saudade. La nostalgia che si prova nel ricordo malinconico di qualcosa di assente o che

è finito, accompagnata da un forte desiderio di riviverlo. La parola, proveniente dalla poesia lirica portoghese e brasiliana ottocentesca, viene utilizzata in tutto il mondo direttamente in lingua originale, poiché priva di traduzioni vere e proprie: con un semplice termine si indica, infatti, un insieme di nostalgia, malinconia, solitudine e desiderio.
Si può provare saudade per una storia d’amore giunta all’epilogo, nel ricordo di qualcuno che non c’è più o che è lontano, o per un luogo caro dal quale si è lontani. Una delle prime opere ad aver trattato questo tema, sebbene la parola saudade ancora non esistesse, è l’Odissea, poema epico omerico risalente al IV secolo a.C., nel quale la tematica principale risulta essere proprio la nostalgia di Ulisse verso la sua patria e l’incessante desiderio di ritornarvi.

Nel mondo della musica, questa parola (e quindi questo concetto) è fortemente presente specialmente nei generi musicali diffusi in Brasile, come la bossa nova. E sono proprio i musicisti e i compositori di bossa nova che hanno creato una vera e propria filosofia attorno alla parola saudade, che è divenuta una tematica costante nei più famosi brani di questo genere: uno fra tanti, la famosissima Chega de Saudade (conosciuta anche come No More Blues nella sua versione in inglese) composta da Antônio Carlos Jobim (testo) e da Vinícius de Moraes (musica) nel 1958, reinterpretata da numerosi cantanti e musicisti come Mina, Toquinho, Stan Getz, Quincy Jones… Questa canzone, considerata la capostipite della bossa nova, parla di un vuoto, di un qualcosa che ti manca. Questa è la descrizione, per quanto riguarda il testo del brano, che ne dà Dom Cerulli fra i commenti contenuti nell’album di Jobim, The composer of Desafinado, plays.
Nella musica italiana, l’unico ad aver approfondito esplicitamente questo termine è stato Pino Daniele, con il brano Appocundria (termine che in napoletano indica esattamente ciò che viene evocato dalla saudade), composto e pubblicato nel 1980, all’interno dell’album Nero a metà, stabilendo quasi un parallelismo fra la tematica affrontata (quella, appunto, della saudade) e il genere musicale da lui utilizzato per descriverla, cioè il blues (termine che trae origine dalla parola inglese blue, che indica anche essa una sensazione affine a quella della saudade).
Su questo concetto, Francesca Borrini ha composto un breve racconto, nel quale viene descritta una personale interpretazione di questa sensazione.
Era entrato in casa in silenzio, tra l'odore del caffè amaro avanzato del mattino e lo scricchiolio esanime del parquet sotto ai suoi piedi nudi. Grondava di pioggia e lacrime, pesante di sospiri gravosi sopra alla sua testa, gli occhi blu spaesati e distanti, non riconosceva quella che qualche ora prima avrebbe chiamato casa. Non perché per qualche strano gioco del caso la sua abitazione avesse cambiato aspetto, ma per la fortuita e tediosa circostanza che in quel tempo a mutare era stato lui. Senza sapere come trovò la strada per raggiungere il letto in quel buio fitto e denso che si può trovare solo in un appartamento alle quattro di mattina, tastò le lenzuola come se si aspettasse di trovarci qualcuno sotto e, piuttosto deluso, trasse che era rimasto totalmente solo nelle grinfie carnivore dei suoi pensieri martellanti. In quei pochi minuti in cui il cervello si era occupato di portarlo a letto aveva messo in pausa il flusso incostante e angoscioso dei pensieri che vomitava ininterrottamente da poco più di un'ora e come da prassi, non appena il tessuto pesante e bagnato che lo ricopriva si posò sopra al materasso, riprese ad affluire da ogni dove e lo spinse a portarsi le mani agli occhi, come se con quel gesto potesse in qualche modo impedire la visione di ciò che ormai era già nella sua testa. I tuoni che lo raggiungevano da fuori si facevano sempre più animati e vicini tra di loro, la pioggia picchiettava rapida e improvvisa contro il vetro delle finestre, con tale agitazione che pareva lo avrebbe incrinato e rotto nel giro di pochi minuti. Per rompere lui invece ce ne era voluto di tempo, tempo e costanza, uno studio così minuziosamente calcolato che era capace di far sembrare i fatti di quel pomeriggio del tutto accidentali. Poche parole che, con il senno di poi, lo avevano distrutto. A detta sua, come ci aveva comunicato all'inizio, non ne era innamorato. C'era intesa, lo riconosceva senza alcun dubbio, ma l'amore non era ciò che alimentava la relazione. A detta sua non era nemmeno mai stato innamorato nella sua intensa vita di procrastinatore seriale. Spendeva il tempo a sua disposizione dissezionando il petto di pollo del supermercato e bevendo tè al mango di fronte a qualche documentario sui pinguini imperatori, aspettando che le cose accadessero e lasciandole scivolare sulla sua pelle ruvida come il bagnoschiuma sotto la doccia. A detta sua non era poi così bello, capelli di un biondo discutibile, occhi blu, mascella squadrata e labbra piccole ma prepotenti. Forse dopotutto lo amava, in fondo, forse si era sbagliato e forse, se non fosse stato un tremendo orgoglioso, avrebbe compiuto uno di quei gesti di coraggio plateali che si vedono nei punti culminanti dei film d'amore e avrebbe corso sotto la pioggia per andare a riprenderselo e consumare tutte le sue labbra sulla sua pelle a furia di baci, ma era un borioso incapace e non avrebbe fatto nulla di tutto ciò. Si alzò la mattina dopo con gli occhi stanchi e il viso gonfio di lacrime, non riconobbe casa sua nemmeno alla luce del sole, si trovò disarmato di fronte allo specchio, negli occhi aveva un volto che non riconosceva suo. Ogni luogo su cui posava lo sguardo sembrava urlargli il nome dell'amato in mille lingue diverse, ogni suono che ascoltava sembrava fosse fatto della stessa sostanza della sua voce tiepida. Poco male, si disse, tornando impassibile a fare ciò che faceva da una vita, avviluppandosi all'unica certezza che aveva e che se ne stava buona nelle videocassette sui pinguini di National Geographic. Pianse tutto il pomeriggio, per quanto non volesse affatto ammetterlo a sé stesso, e la notte tornò rapida e violenta a prendersi gioco di lui dall'alto della sua imponenza. Pianse talmente tanto che al mattino si stupì che la casa non fosse sommersa, e constatò con lo stesso stupore triste, di non essere annegato. Con la medesima flemma dei pinguini artici si era preparato un caffè talmente amaro che per qualche attimo aveva pure sperato che lo inghiottisse facendolo scomparire per sempre, ma non era accaduto nulla di ciò.
Una sera tranquilla gli era capitato di sentire dei passi per le scale e, ironia della sorte, gli era anche sembrato di andare ad aprire e trovare sulla soglia la stessa figura pallida che andava camminando nella sua testa da tempo ormai immemore. Tutti i discorsi che si era preparato nell'attesa febbricitante e speranzosa di quel momento si dileguarono, le parole persero di significato e il tempo parve fermarsi. Si sentiva come nei noiosi libri d'amore che non aveva mai finito di leggere e che ora parevano osservarlo dal comodino con aria di superiorità e nel frattempo si scioglieva negli occhi dell'amato crogiolandosi nelle paure di non essere mai abbastanza. Quella notte non temette di riempire l'appartamento di lacrime salate, quella notte in realtà si mise a letto con la certezza di avere qualcuno steso al suo fianco. La pioggia incessante non avrebbe rotto il vetro della finestra, e nessuno avrebbe mai più rotto lui.
"La saudade è mettere in ordine la camera
del figlio morto".
(Pedaço de mim, Chico Buarque)
"Non so spiegare questa mia tristezza; mi stanca; anche voi dite che vi stanca; ma come l’abbia presa, trovata, assorbita, di che è fatta, di dove venga, vallo a sapere. La malinconia mi rende un tale mentecatto, che stento a riconoscere me stesso".
(William Shakespeare)

A cura di: Filippo Trenna, Edoardo Bettacchioli e Francesca Borrini.
complimenti ai autori: Filippo Edoardo e Francesca
Edoardo, la tua poesia tocca il cuore. Riesce a farlo parlare.
Francesca hai scritto con maestria, trascinandoci con te.
Un grazie anche a Filippo per questi piccoli gioielli che ogni settimana ci regalate!
Continuate! Bravissimi!
molto commuovente mi ricorda i miei anni di gioventù sul percorso willy wonka
Arcibaldo
Quante cose ci insegnate e lo fate con una grazia ed una leggerezza tali che sembra di vedere tutto in un dipinto fatto con un pennello simile ad una piuma.
Bravi bravissimi
Buongiorno ragazzi! Che bello iniziare la settimana con un nuovo e interessante approfondimento che questa volta mi porta anche a conoscere una nuova parola dal significato così caratteristico. Tante volte mi sono trovata in questa condizione così difficilmente descrivibile a parole ma che voi siete riusciti con precisione a riportare e spiegare in modo dettagliato.
Per certi aspetti, anche questo tempo ci porta alla saudade ma, grazie a voi, ora siamo in grado di riconoscerla e affrontarla sapendo che, continuando ad assumere atteggiamenti responsabili e rispettosi delle regole, ci permetterà di tornare presto a sorridere della vita come prima! Valeria