"Storie cortonesi" - Ep. 4 - "La grotta di Pitagora: la tomba dell'uomo giallo"
- Redazione
- 3 lug 2020
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Riapre la rubrica storica del giornale, con un nuovo aspetto, con una nuova grafica e nuovi contenuti, in continuità con le letture storiche che hanno aperto la nostra scena nell'informazione.
Alberto Della Cella, nel suo Cortona Antica, effettua già una descrizione di come avrebbe potuto essere prima del XX secolo la grotta definita di Pitagora: «Prima che fosse barbaramente guastato doveva essere formato di ventisette grandi massi sovrapposti, senza cemento, sopra una base circolare, e formanti una stanza a volta in forma di mezza botte. La volta era formata di sette grandi massi lisci in dentro e rustici all'esterno. Una sola porta d'ingresso (e non due come erroneamente dissero alcuni archeologi) si apriva dal lato di mezzogiorno». Presuppone poi, analizzando le supposizioni del Gori, che la porta possedesse soltanto due perni in bronzo che funzionavano da giunture e che fosse interamente di pietra (non di bronzo, come si credeva fino a poco tempo prima).
Il barbaro guasto a cui fa riferimento Della Cella è quello effettuato ad opera dei soldati francesi passati per Cortona nel 1808 per recarsi a Roma, anche se viene citata uno scavo in una cava da parte di alcuni scalpellini poco lontani dall'ipogeo qualche anno più tardi, effettuata molto scherzosamente.
L'interno dell'ipogeo viene descritto così:«Nell'interno vi era in alto un loculo grande, forse pel personaggio più illustre, e sei loculi più piccoli (sovrapposti due a due). Il Gori nota la circostanza che l'interno imita la forma di una croce Cristiana». Questo potrebbe portare alla teorizzazione di una modifica successiva, appartenente a due periodi differenti: infatti Della Cella, analizzando la formazione ed il contesto storico di questa piccola opera architettonica presume la sua costruzione nel periodo pre-etrusco, vale a dire quello umbro-finnico (oppure raseno), ed alcune modifiche nel periodo tirrenico e latino. Viene quindi esclusa la teoria secondo la quale l'ipogeo sia stato fatto costruire da Annibale, poiché c'è anche un elemento aggiuntivo riguardo alla scoperta di questo edificio.
Infatti l'ipogeo riporterebbe l'iscrizione:
VELIUS CUSU CR. L. APA PETRAL. CLAN.
VELIUS CURSUS CURTUNENSIS LARTHIUS FILIUS PETREI
VELIO CUSO CORTONESE LUCUMONE ECCELSO FIGLIO DI PETREIO
Alberto Della Cella cita il libro del Conte di Gobineau, Essai sur l'inegalité des races humaines, in cui si cita anche Dionigi di Alicarnasso, il quale avrebbe, a sua volta considerato in una sua opera l'edificio questionato, designandolo però come sepolcro del nano misterioso, nel Libro I. XXIII delle antiq. Roman.
Della Cella fa però notare che nelle tradizioni antiche la denominazione basso è spesso collegata al sintomo di intelligenza, quindi ricollega all'ipotesi che lì possa essere seppellito un uomo di razza diversa, dei cui fatti straordinari era rimasta lunga memoria. Quindi qui le ipotesi sugli artefici della sua costruzione si diramano: si va dai finnici agli umbro-kimri, tutti artefici delle prime mura di Fiesole, di Cortona e di Sutri.
Si avrebbero anche delle somiglianze con delle costruzioni di queste popolazioni, come le gallerie sepolcrali sotterranee Kimriche (come quella di Cerveteri) o le tombe dei guerrieri dei Laerti (sulle quali pareti sono però incise le raffigurazioni delle armi, degli scudi e degli elmi, non presenti nell'ipogeo cortonese).
La teoria dell'uomo basso giallo è accreditata dalla possibile origine filologica del nome: Pit (in sanscrito starebbe per giallo), Egon (in sanscrito starebbe per uomo); quindi uomo giallo, se non si conta agos che in greco significa condottiero (come sostantivo), e venerabile (come aggettivo), quindi condottiero e venerabile giallo, mentre agoroios significa trafficante e agoros oratore. L'etrusco avrebbe poi modificato queste fusioni e trasposizioni linguistiche, facendo comparire termini come Pitagoros, Pitagos (rispettivamente giallo-oratore e giallo-condottiero/venerabile).
Gli studiosi precedenti a Della Cella hanno sostenuto che il termine Pitagoros-Pitagos fosse riferito al celebre filosofo Pitagora, fatto erroneo probabilmente proveniente dalla confusione tra Cortona e Crotone, poiché il filosofo è stato effettivamente attivo, ma solo nella seconda città e la leggenda che sostiene che Pitagora abbia predicato per qualche tempo anche nella città di Cortona, è ovviamente erronea.
La grotta sarebbe, in conclusione, il sepolcro di un personaggio venerabile, probabilmente un condottiero od un oratore, vicino alla carica di lucumone o comunque di capo, di pelle gialla, appartenente alle etnie più antiche della popolazione etrusca, basso, che si chiamava Velio Cuso, figlio di Petreio Cuso, cortonese e legato agli ambienti della cultura locale. Niente a che fare con Pitagora.
Fonti: Cortona Antica (di Alberto Della Cella, Cortona, Tipografia Sociale, 1900)
Flavio Barbaro
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